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Le misure protezioniste implementate da Donald Trump stanno causando un impatto un crescente dissenso in seno all’establishment finanziario ed economico statunitense. Lo dimostrano le pesanti critiche mosse da importanti rappresentanti di Wall Street: la lista è sempre più lunga e include Bill Ackman (Pershing Square Capital), Jamie Dimon (JP Morgan), Ray Dalio (Bridgewater Associates), Howard Marks (Oaktree Capital), Stan Druckenmiller (Duquesne Capital), Daniel Loeb (Third Point) o Larry Fink (BlackRock).  una vera e propria rivolta di figure apicali della finanza a stelle e strisce, di persone che in molti casi hanno perfino finanziato la campagna elettorale del tycoon e oggi si ritrovano a registrare perdite in Borsa senza precedenti nella storia, come nel caso di Elon Musk. Eppure, secondo un dettagliato retroscena del Washington Post (tra l’altro di proprietà di un altro tecno-miliardario che ha sostenuto Trump, Jeff Bezos), il timoniere della Tesla ha anche tentato fino all’ultimo di convincere l’inquilino della Casa Bianca a fare dietrofront. Il risultato? Del tutto infruttuoso, visto quanto avvenuto nelle ultime ore. Trump ha minacciato di portare i dazi contro la Cina fino all’84% se Pechino non ritirerà le sue contro-tariffe E i cinesi hanno replicato con fermezza: "Non accetteremo mai le minacce degli Stati Uniti, combatteremo sino alla conclusione finale."

Il tentativo di Musk. Il Washington Post ripercorre gli eventi accaduti durante l'ultimi fine settimana. Mentre Musk stava critico verso uno degli stretti consiglieri di Trump, Peter Navarro, tweetando incessantemente, ha personalmente contattato il Presidente chiedendo la revoca dei dazi commerciali, incluso quello imposto alla Cina. Tuttavia, questa richiesta non ha prodotto risultati. Questo episodio evidenzia le divergenze che esistono tra Musk, imprenditore notorio, ed alcuni membri dell'amministrazione attualmente al potere. Nelle ultime ore, Musk ha intensificato ulteriormente le sue azioni. Ha preso parte ad un evento organizzato dalla Lega tramite connessione video, manifestando il desiderio per la cancellazione dei dazi fra Stati Uniti e Unione europea. Successivamente, ha condiviso un filmato esplicitamente contrario alle politiche protezionistiche: ha postato la famosa analogia sulle matite presentata da Milton Friedman, economista vincitore del Premio Nobel e forte assertore del libero scambio globale. Inoltre, di recente Tesla ha portato all'attenzione vari aspetti relativi ai conseguenze delle tariffe doganali Parlando del suo business, Musk stesso ha dichiarato che è significativo, benché precedentemente abbia espresso riserve su tale questione. Ad esempio, nel 2020, il costruttore tentò addirittura di avviare una procedura legale per invalidare le tasse sulle componenti provenienti dalla Cina imposte dall'amministrazione Trump. È importante notare che questa situazione riguarda non soltanto Wall Street, che si allinea contro il magnate, ma anche i vertici delle principali aziende tech americane, impegnati nell'argomento grazie alle azioni di Musk allo scopo di contenere gli impulsi protezionisti della Casa Bianca. Si discute ora di un team composto da dirigenti ed imprenditori, numerosi dei quali profondamente insoddisfatti di Trump, pronti ad intraprendere campagne di lobby miranti a persuadere lui a temperare i suoi atteggiamenti, rivisitare le proprie ideologie e remare contro la rigidità dell'allora Segretario al commercio, Howard Lutnick.

Le mosse dell’Europa. Mentre gli automobilistici proseguono nella loro analisi delle opzioni disponibili e agiscono di riflesso (ultimamente le voci non ufficiali menzionano marchi tali como Stellantis Proni ad assumersi una parte degli extra-costi che ricadono sui fornitori, la Commissione Europea si appresta finalmente a lanciare alcune controffensive: secondo quanto previsto dal 15 aprile sarà resa nota una prima serie di dazi al 25%, destinati a colpire prodotti emblematici per gli USA come le motociclette Harley-Davidson o i blue-jeans della marca Levi’s. Se tuttavia non dovesse esserci esito positivo dalle trattative, entro il 15 maggio scatterebbe un altro round, caratterizzato da un allargamento dell'elenco e dalla probabile introduzione di tasse specifiche sulle grandi imprese americane dello sviluppo digitale. Tutto questo naturalmente rimarrà subordinato alla dinamica delle trattative. Il Presidente Ursula von der Leyen ha così recentemente annunciato ai rappresentanti statunitensi di potenziali accordi: “Siamo disposti a discutere con gli Stati Uniti. Abbiamo infatti suggerito tariffe reciproche pari allo zero percentuale su tutti i beni manifatturieri, proprio come abbiamo già realizzato efficacemente con diversi altri paesi partner, poiché l’Unione Europa dimostra sempre disponibilità verso convenienze vantaggiose”. Inoltre, Bruxelles mira a diminuire i crescenti rischi associati alle sue relazioni economiche con gli USA. La stessa Von Der Leyen ha chiarito queste strategie dicendo: “È fondamentale espandere ulteriormente i canali dei nostri rapporti commerciali, dato che questa estensione apre nuove possibilità nel panorama internazionale; pertanto focalizzeremo tutte le nostre energie sulla quota del 83% del commercio mondiale che non coinvolge direttamente gli Stati Uniti”.

Gli sviluppi in Asia. Ecco ampie possibilità e per questa ragione stiamo intensificando i rapporti con i nostri alleati commerciali. Avrete notato gli accordi stipulati con il Messico, Mercosur e Svizzera; ci stiamo concentrando anche sull'India, la Thailandia, la Malaysia, l'Isole Indonesie e molte altre nazioni," ha dichiarato il capo della Commissione Europea. Non bisogna sottovalutare nemmeno le informazioni filtrate dall'India: Reuters riporta che l'Unione Europea sta sollecitando New Delhi a rimuovere i dazi sulla vendita automobilistica all'interno dei colloqui prolungatisi riguardanti un possibile patto commerciale. Il governo guidato da Narendra Modi sembra essere pronto a diminuire gradualmente tali dazi dallo 10% corrente fino al superamento dello stesso livello, pur controverse essendo state le insistenze dell'economia locale perché queste restrizioni fossero mantenute intatte. Adesso, considerata la presenza degli ostacoli doganali imposti dalla politica americana, potrebbe accadere uno spicco nell'avanzamento delle trattative. Questo concetto è stato rafforzato anche dal Presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, dicendo di recente che dovrebbero proseguirsi questi scambi diplomatici con determinazione verso l'India.

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